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Riflessioni
Storie Mondiali aspettando le Olimpiadi
Articolo 113

Storie Mondiali aspettando le Olimpiadi


16/06/2021

di Pino Morelli



Storie di donne Mondiali

C

i sono molte storie che andrebbero raccontate guardando questi mondiali.
Voglio ricordarvene alcune perché vale la pena di essere raccontate in quanto anche queste fanno parte del patrimonio del judo.

La prima è la salita e la discesa di due atlete canadesi. “In primis” c’era la nipponica/canadese Deguchi Christa che non avendo potuto far parte della nazionale giapponese pensò di entrare in quella canadese e, judokando, judokando vinse la medaglia d’oro ai Campionati del Mondo 2019. Grande atleta che ha fatto del Morote Gari la sua arma vincente e così si avviava alle Olimpiadi di Tokyo perché sembra le aspettassero di diritto. Ma c’è un’altra canadese, Jessica Klimkat che ha sovvertito le cose. Dal cinquantesimo posto dov’era ubicata ha fatto un exploit e ha vinto il Campionato del Mondo di Budapest.
C’è da dire che la “povera” Deguchi era l’ombra di sè stessa a questa competizione e lo si è visto soprattutto per il combattimento per la medaglia di bronzo con la tedesca Stoll. Sfranta, abbattuta, senza idee, ha fatto un incontro difendendosi dagli attacchi della Stoll. Morale: Quando si è arrivati in cima bisogna subito scendere altrimenti non si vede chi sta salendo.

Tutta un’altra storia è quella di Ketleyn Quadros un atleta che ha vinto medaglie in ogni parte del mondo fino a fare il terzo posto alle Olimpiadi. Questa atleta che è un punto di riferimento della categoria 63 kg, voleva l’unica medaglia che non aveva, quella del Campionato Mondiale. Dopo aver battuto atlete più giovani di lei si è fermata in finale di poule davanti alla slovena Andreja Leski. Poi ha vinto contro l’ungherese Szofi Ozbas per il recupero e poi si è fermata, definitivamente, con un indiavolata, l’olandese Sanne Vermeer.
Qui la morale non c’è, qui c’è soltanto l’età che incombe e non da spazio alle atlete che vogliono finire la loro carriera conquistando una medaglia in ogni gara, vogliono finire sul tatami così come ci sono nate, con un judogi e una cintura a conquistare il mondo.

Una storia, quasi uguale, è quella di Joana Ramos, portoghese, che dall’alto dei suoi 39 anni ha sconfitto ragazze ben più giovani di lei ma ha incontrato sulla sua strada, per la finale di poule la giapponese Shishime che non le ha dato scampo. Nel ripescaggio ha sconfitto le tedesca Amber Ryheul e si è fermata contro la svizzera Fabienne Kocher. Anche lei, come la Quadros, si è fermata, ad un “attimo” dal sogno.
Però arrivare quinta in un Campionato del Mondo, dominato dalle atlete del “Nuovo Judo”, è una bella soddisfazione anche se per loro è stato un po triste constatare che se fossero state più giovani…

Ma perché ho voluto raccontare le storie di donne? Perché ci hanno dimostrato che le donne, possono andare oltre; che ce la fanno a soffrire, a sudare, a tenere duro anche contro le avversità. Gli uomini dovrebbero imparare da queste donne cosa è il sacrificio e, potrebbero, con un po di spirito “femminile”, vincere le loro paure e cercare di “buttarsi” senza curarsi di quello che dirà la gente.

Invece chi ha spirito di sacrificio da vendere è un’altra atleta, la francese Clarisse Agbegnenou, arrivata alla quinta medaglia d’oro in questo mondiale. È qualcosa di straordinario, cinque mondiali vinti ma le manca l’unica medaglia che non ha e che le è stata “tolta” dalla slovena Tina Trstenjak, quando, lei, ha tentato un Ko Soto Gari ma Tina si è girata e si è ritrovata sopra Clarisse per 7 secondi appena. Però, in quella azione, Tina ha guadagnato uno Yuko. Poi la slovena ha ripreso l’immobilizzazione fino alla fine.
Clarisse sa che non rifarà questo errore la prossima volta che si incontreranno, e sarà sul tatami di Tokyo. 

 

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