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イタリア柔道
Riflessioni
Articolo 112
14/02/2021
In ricordo di David Khakhaleishvili
14/02/2021
Lo conobbi a Barcellona ‘91.
Ho ritirato fuori, dalla cartellina delle vecchie interviste, la sua e questo è il resoconto.
“Io non sono russo!” "e faccio chidaoba"
Ha saputo la notizia proprio ora, David Khakhaleishvili è morto circa un anno fa.
Lo conobbi a Barcellona ‘91.
Visto che era tanto forte che cercai di intervistarlo.
Ho ritirato fuori, dalla cartellina delle vecchie interviste la sua e questo è il resoconto.
Come seppe che ero un giornalista mi disse:
“Io non sono russo”
Onestamente mi stupii. Combatteva con le insegne CCCP.
Ancora prima che parlassi mi disse:
“Se vuoi che ti parli dell’Unione Sovietica e di quanto sono forti nell’allenare gli atleti non ti dirò niente di tutto questo, io sono Georgiano!”
Me lo disse con un certo orgoglio.
“E perché combatti per la Russia?” Gli feci.
Mi seccò.
“Ma tu, in che mondo vivi? Credi che io possa decidere questo? Questa è l’unica maniera per uscire dall’Unione Sovietica. Ho vinto i campionati russi e mi hanno mandato qui.”
“Ma il judo l’hai imparato in Russia”
“Ma che judo, nel nostro paese si combatte con la “Chidaoba”. Poi mi hanno detto che non c’era un campionato di chidaoba e allora presi qualche lezione di judo. Ma, sostanzialmente, sono uguali.”
“Scusa io non conosco la chidaoba, è una lotta georgiana?”
“Si. Si combatte con costumi di pelle cosparsi d’olio e c’è una banda che suona per tutto l’incontro. È proprio georgiana.”
“Ma combattete su un tatami, come nel judo?”
“No, combattiamo sulla terra morbida o sulla sabbia; il nostro tatami non è quadrato, è tondo ma non ci sono confini, i confini li segnano le persone che guardano. Ogni villaggio ha una sua scuola. Poi, dopo il combattimento, che si vinca o si perda, accenniamo qualche passo di danza insieme io e il mio avversario.”
“Io ho visto il tuo judo, tu insisti sulle leve alla spalla, questo fate nella chidaoba?”
“Tu hai guardato bene, ma tu fai judo?”
“Si, ho iniziato a 8 anni”
“Ma non ti ho mai visto combattere”
Mi misi a ridere
“Si vede che non ho la stoffa del campione, però il judo è tutta la mia vita”
“Però hai visto che faccio un judo che non è judo, tu, te ne intendi”
“Grazie”
“Si, noi lottiamo con le leve alle spalle perché portano avanti l’avversario e ci infiliamo sotto per portarlo a terra”.
“E grazie alla chidaoba vinci nel judo…”
“Io sono pesante, peso 130 kg, però sono più veloce degli altri perché noi non abbiamo tempo per decidere, dobbiamo essere istintivi. Qui mi sembrano tutti lenti.”
“Ma dove vuoi arrivare, che programmi hai?”
“Non ho programmi, finché vinco mi fanno uscire e sono costretto a vincere se voglio girare il mondo”
Adesso lo stanno chiamando, deve combattere, poi vincerà l’argento nell’open.
Ci vedemmo pure l’anno dopo, dove vinse battendo un Ogawa che forse si sentiva molto sicuro di se e quella fu la prima medaglia d’oro per la Georgia visto che combatteva con dietro la sigla CSI.
Lo avrei rivisto l’anno dopo, ad Hamilton dove fece argento. E proprio nella cittadina canadese, mentre bevevamo una birra parlammo ancora della chidaoba, e mi disse:
“Vuoi assistere ad un incontro?”
“Mi piacerebbe…”
“Allora ti invito al mio matrimonio e lì faremo un torneo. Ti divertirai”
Non andai a quel matrimonio e non lo rividi più. Però la sua faccia tonda, con il naso schiacciato, la sua goliardia il suo fare da italiano non li ho mai dimenticati.
È morto per un problema al cuore.
Addio amico del judo che mi ha insegnato la chidaoba e mi ha fatto scoprire un mondo che non conoscevo