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Stage nazionale di Judo CSEN 2022
Articolo 133

Stage nazionale di Judo CSEN 2022


28/04/2022

1,2,3 Aprile 2022 CSEN



Il Judo riprende da qui.

M

i ricordo quando Franco Penna venne da me e, parlandomi di judo, mi disse che aveva avuto contatti con lo CSEN e di come si era fatto carico di formare un gruppo di società che potessero dar luogo ad un trofeo, una garetta e mi chiese se volevo iscrivermi.

Franco io lo conoscevo bene perché avevamo gareggiato a 78 kg entrambi per cui era mio avversario e mio amico. Non vi sembri un ossimoro quello che vi sto dicendo perché molto spesso gli avversari, nel judo, divengono amici, amici veri. Io, confesso, titubai un poco anche perché non sapevo niente di quest’ente di promozione ma per amicizia iscrissi la mia società. Adesso è una realtà che può fare invidia a molti enti e a molte federazioni. Innanzi tutto perché il judo è trattato come uno sport senza fini politici e i fini politici, spesso, portano a fare scelte che non sono consoni con il “giusto andamento” di questo sport danneggiando l’intera categoria e poi perché siamo tutti uguali, tutti judoka. Ma adesso parliamo di judo.

Lo staff dello CSEN agli ordini del Maestro Franco Penna. Senza il loro aiuto non si sarebbe potuto far niente. E una “Task Force” che controlla tutto, dalla segreteria al tatami, dagli albeghi agli spostamenti per le persone. Sempre disponibili, sempre educati questi ragazzi durante i tre giorni dello stage come fantasmi stavano dappertutto rendendo un servizio piacevole ed efficace. Bravi, bravi, bravi.

 

Questa edizione dello stage nazionale ha visto la partecipazione di circa 500 judoka sul tatami divisi nelle varie classi, cosa che non è da tutti visto il momento che stiamo vivendo e i soldi che mancano a tutte le famiglie. Ma perché abbiamo avuto successo? Semplicemente perché abbiamo messo dentro una miscela esplosiva di judo. Abbiamo dato spazio a tutti, abbiamo fatto judo per tutti. I docenti erano campioni che la FIJLKAM ha perduto nei meandri della burocrazia, nel “dimenticatoio” di una vita che è stata bella e felice ma quelli della federazione non lo sapevano. Noi del judo non possiamo e non dobbiamo scordarci da dove siamo venuti, di chi è stata la spina dorsale che ha portato medaglie allo sport italiano, pesanti medaglie di cui, noi tutti, siamo stati fieri. Mi sembra che, a volte, si proceda al “consumismo del judo” da qualche parte: questo non va più di moda prendiamo qualche altro capo più fresco. Ma qui non si parla di capi d’abbigliamento si parla di donne e uomini che sono saliti sul tatami per difendere se stessi e l’onore dell’Italia a costo della loro esistenza. Perché ogni medaglia ha un costo da pagare, fisico, il più delle volte e mentale, psicologico le altre. Donne e uomini che sono soggetti a stress inimmaginabili, a muscolazione che sembra impossibile avere, a traumi che sembra impossibile sopportare.

Un gruppo di docenti sul tatami

Questi sono i nostri campioni. Questi campioni si meritano di più. Mi sembrava di essere tornato agli anni ’80,’90 e 2000 vedendo Marino Cattedra forte, agile come sempre stupire tutti con il suo Sumi Gaeshi che l’ha portato a prendere una medaglia di Bronzo agli Europei e a battere, in finale per il bronzo proprio il beniamino di casa. Gli sparò un Sumi Gaeshi che fu una “scoppiettata”. Il pubblico rimase ammutolito per un attimo poi esultò in un fragoroso applauso per quello che aveva visto.

Da sin. a des.: il Maestro Stefano Proietti, il Maestro Marino Cattedra, la Maestra Emanuela Pierantozzi che hanno tenuto il tatami con un ritmo che non ha concesso soste ai judoka intervenuti.

Cristina Fiorentini con la sua delicatezza far lezione ai bambini e come faccia a ricordarsi tutti i nomi di questi “gnomi” vedendoli una sola volta è un mistero che la scienza dovrebbe studiare. Cristina poteva ambire al trono di Miss Italia invece ha scelto di fare judo prendendosi le botte sul tatami. Per fortuna che ha vinto tanto così è rimasta integra per lei e per i nostri occhi. Emanuela Pierantozzi, la “Leonessa” del tatami. Una volta le feci una foto mentre portava a terra l’avversaria e la immobilizzava. Guardando la foto la mia prima impressione era di vedere una leonessa che ruggisce dopo aver catturato la sua preda.

Sono orgoglioso di aver diviso il mio tempo con loro perché li ho amati tutti; ho amato le loro gesta, le loro tecniche, i loro trionfi e anche le loro sconfitte perché da quelle traevano la forza per andare avanti per fare meglio sul prossimo tatami. Poi c’era Silvio Tavoletta che io ho amato perché era un fuoriclasse ma per molti motivi non legati al judo non ha potuto andare avanti nella sua carriera. Aveva un Uchi Mata strepitoso, se l’ho prendete con le buone forse ve lo farà vedere. Ha accompagnato, coadiuvato da una simpatica e molto brava Alessia Regis, i “non vedenti” e gli ”ipovedenti” “per essere politicamente corretto”, ma siccome io li rispetto li chiamerò come è giusto che si chiamino: ciechi. Che fanno un judo strepitoso, hanno una sensibilità inimmaginabile per le nostre menti e hanno un potere di apprendimento non comune. Poi cosa dire degli interventi di Stefano Proietti tutti rivolti alla progressione didattica a terra ed alla transizione dal Tachi Waza al Ne Waza, con grande ritmo che non ha lasciato spazio al riposo, facendo ricredere quelli che prendono gli stage per farsi una chiacchierata con gli amici. Per finire in bellezza, perché di bellezza si tratGoshita, i campioni del Kata, Nicola Ripandelli e Ubaldo Volpi.

Hanno insegnato con figure e geometrie degne del miglior coreografo di judo. Hanno assistito gli allievi, hanno spiegato più volte i loro movimenti con calma e la semplicità di chi sa fare il proprio mestiere, quello del judo, appunto. Perché noi dello CSEN abbiamo successo? Perché non facciamo vedere niente che non sia solo che il judo, quello vero. Passando per i vari tatami ho parlato con un po’ di gente e chiedendogli perché erano venuti molti mi hanno risposto: “…perché qui si fa judo per tutti”. Sarà vero?

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