Editoriali
La Barba di mio padre
Articolo 141

La Barba di mio padre


26/04/2022

La memoria ci deve far riflettere.



I bambini hanno bisogno di imitare. Se sono bravi i Maestri, sapranno imitare bene le tecniche e capiranno pure che se si vuol fare bene judo.

C

ome lampi mi ritornano alla mente flash di memoria.
Curioso per me che mi sono scordato tutto della mia vita. Fatto sta che mi ritornano alla mente certi flash che mi riportano a mio padre mentre stavamo in bagno. Mio padre soleva farsi la barba con pennello e rasoio.
Un vero rasoio, non come questi odierni che hanno le lamette incastrate dove non ti puoi sbagliare neanche se volessi. Mio padre passava il rasoio sulla “strappa”, prima dalla parte ruvida e poi, per finire l’affilatura lo passava nella parte liscia. Lo sciacquava leggermente e poi lo metteva da parte sul lavandino. Prendeva un po’ di sapone dalla vaschetta, lo metteva nel pennello, lo metteva sotto l’acqua e incominciava ad insaponarsi. Veniva una schiuma molto morbida, sembrava panna montata. Comprimeva le labbra per non mandarci sopra la schiuma e poi, con un tocco di dita leggero faceva la forma delle labbra che, a quel punto, erano rosse carmi- nio. Poi prendeva il rasoio e cominciava a sbarbarsi. Con delicatezza, seguendo certe stra- de che solo lui conosceva; andava sulle pieghe del viso con una scioltezza che quasi rasentava l’incoscienza. Poi passava al collo e viaggiava in contropelo col suo rasoio dal manico d’osso. Aveva un’accuratezza quando lambiva la bocca per levare i peli più infidi, quelli che stanno sotto la base del naso e ai lati della bocca. Faceva una ripassata contropelo. Si lavava la faccia e con l’asciugamano che gli passavo io, si asciugava. Ora mi sono comprato un rasoio vero. La “strappa”.
Un pennello da barbiere, quelli col manico d’alluminio. Mi sono messo allo specchio e ripetendo tutti i suoi gesti mi sono fatto la barba. Qualche taglietto me lo sono fatto ma ho terminato il mio lavoro “portando a casa” il risultato. Mio padre, devo dirlo, è stato un buon Maestro. Se si vuole insegnare judo si deve essere come mio padre – che del judo non sapeva niente.

I bambini hanno bisogno di imitare. Se sono bravi i Maestri, sapranno imitare bene le tecniche e capiranno pure che se si vuol fare bene judo devono aver bisogno di cono- scere ogni cosa riguardo a quella tecnica. Non stiamo a giocare col rasoio ma stiamo giocando con la vita dei bambini che credono in noi. I bambini non ti chiederanno mai quanti Dan hai, neanche sanno cos’è un Dan e, poi, non gliene frega proprio niente. I ragazzi vogliono vedere una cosa che è alla loro portata, che funzioni e che gli permetta di fare judo. I ragazzi sono come spugne. Prendono tutto quello che gli dai, e se inclini male il rasoio si feriscono. Quando vedono il sangue non ci vengono più a far judo. Siate cinture nere oneste e i bambini si faranno la barba da grandi senza tagliarsi.

P.Morelli

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