Judo Italiano - La libera informazione - Editoriale di P. Morelli
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イタリア柔道

Buon Natale,
a tutti i judoka di buona volontà.
15/02/2020
na volta, ma tanto tempo fa, del judo femminile non si parlava o, almeno, sporadicamente.
Non era facile vedere le femmine sul tatami ma quando sono entrate personalmente, a me, non è sembrata una cosa strana.
Anzi apprezzavamo le donne che salivano sul tatami perché erano coraggiose anche se noi ci muovevamo con delicatezza quando facevamo uchi komi o randori con loro. Poi hanno preso sempre più piede e si sono dimostrate, nel tempo, più coraggiose di alcuni uomini.
Penso che il judo femminile sia nato con il campionato del Mondo di New York. Sicuramente era nato prima, nelle palestre di tutto il mondo dove le donne sono entrate in punta di piedi per poi conquistarsi il rispetto di tutti i judoka mondiali. Ma fu quel campionato del Mondo, di cui parla Cristina Fiorentini in questo numero, a consacrare il judo femminile come sport da combattimento per le femmine in via ufficiale.
Da allora, gara dopo gara, si è arrivati anche alle Olimpiadi per le donne. Da quelle pioniere avanzò un movimento sempre più forte con ragazze che sfiorarono i record dei ragazzi e sorse un movimento in Italia che ci invidiavano da più parti.
Quelle “ragazze di New York” fecero da apripista per il futuro del judo in Italia e sono d’accordo con Cristini Fiorentini quando scrive: “...è grazie anche a noi se il Judo Femminile, regna ora nel cielo di Olimpia”.
Loro hanno aperto le porte a veri fenomeni: Margherita De Cal, Laura Di Toma, Emanuele Pierantozzi, Alessandra Giungi, Giovanna Tortora, Laura Zimbaro, Maria Teresa Motta, Patrizia Montaguti, Giorgina Zanette, Ylenia Scapin, Lucia Morico, Giulia Quintavalle, Rosalba Forciniti, Cinzia Cavazzuti, Donata Burgatta e l’ultima ma non ultima Odette Giuffrida.
Non l’ho citate in ordine cronologico come uno storico ma l’ho citate con il sentimento che mi è più congeniale. E non sono tutte, qualcuna me la sono scordata e me ne dispiace, mi perdonino quelle che non ho citato. Però, grazie a loro siamo venuti fuori da gare impossibili, almeno, con una medaglia.
Le “ragazze di New York” hanno tracciato una via da seguire e quelle che seguono e che seguiranno non devono fare a meno di confrontarsi con le pioniere ma non per le medaglie ma per stile di vita da atlete.
Grazie a quelle ragazze abbiamo scoperto la metà del cielo del judo italiano.
Auguri a tutte e a tutti i judoka di buona Volonta.
Giuseppe Morelli.