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Sondaggio Judo: Arte Marziale o Sport?
Articolo 123

Sondaggio Judo: Arte Marziale o Sport?


20/06/2020


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span style="font-family: Arial,sans-serif;">Gentili judoka, ho apprezzato molto tutte le risposte che mi avete inviato, però vorrei fare il punto della situazione. È chiaro che per noi che abbiamo iniziato judo dai 50/60 anni fa era normale farsi prendere la mano dall’Arte Marziale. Se non altro perché gli amici ci vedevano come guerrieri insuperabili e poi perché, grazie ai nostri maestri, il judoka era paragonato ad un samurai che si doveva reprimere per non usare la forza e la scaltrezza in combattimento di cui era capace. Quante volte avrete sentito dire, rivolto a voi: “…fai un’arte marziale, allora meni!”. Scusate se uso termini romaneschi ma è in questa città che sono nato e cresciuto. Quando mio zio Dario mi raccontava che aveva fatto la “lotta giapponese” alla Fiammi Yamato di Via Tasso, lo guardavo con occhia estasiati, chissà quanti segreti conosceva! Eppoi, vi sarà capitato, anche a voi, che, la gente che vi chiedeva, quale sport facevate al sentire la parola “Judo” gridavano: Ahhhah, Ahhaaaha mimando le mosse di Karate. Questo perché si è dato una certa immagine “trascendente” da parte di chi ha insegnato judo e da parte della gente che non sapeva neanche cosa fosse il judo. Quando levavo il judogi dalla borsa per darlo a mia madre, per farlo lavare, lei mi chiedeva: “Quando ti serve questo kimono”; mi sgolavo ripetendogli che si chiamasse judogi. Questo per farvi meglio comprendere come il judo sia intriso della storia dei samurai (per noi occidentali); forse perché in quegli anni era uscito il film “I sette samurai” e allora, tutto quello che veniva dal Giappone era rapportato a questa immagine. Che, tra l’altro, consiglio, chi non l’avesse ancora visto, di vederlo, è un film di Akira Kurosawa girato nel 1954 che vinse due Oscar nel 1957.

Io ho avuto un inizio, nel judo, un poco differente; non si è parlato mai di Arti Marziali. Il mi primo Maestro aveva vinto il Campionato Italiano a Squadre e aveva come Maestro un certo Ken Noritomo Otani. Il mio secondo Maestro aveva fatto le Olimpiadi a Monaco e il mio terzo Maestro è stato allievo dei maestri Otani, Ishii, Kikugawa e Tempesta. Nella sua attività agonistica ha conseguito tre titoli italiani, ha indossato più volte la maglia azzurra in numerosi tornei internazionali e campionati europei. Docente di “Metodo Globale di Judo” per circa vent’anni presso l’Accademia Nazionale prima e in seguito presso la Scuola nazionale di Ostia. Tutti mi hanno parlato di sport e mai ho sentito parlare di Arti Marziali. Ma il judo è stato sempre terreno degli “affabulatori” che pur d’ingraziarsi gli allievi raccontavano loro storie di antichi samurai e di come un debole può sconfiggere uno più grosso e più forte……

 

Ma non è così come ce l’hanno raccontata, Jigoro Kano, da subito, ha pensato ad uno sport. Pensate che il termine judo già esisteva in Giappone ancor prima che Kano pensasse al suo Judo ma lui lo distinse proprio aggiungendo Kodokan. Anche questo termine ampiamente usato perché le scuole generiche ufficiale si chiamavano tutte “la scuola che insegna la via”. Con i termini Judo Kodokan, appunto, il judo, nell’idea del suo fondatore, era solamente uno sport; prima di tutto perché lo potevano fare tutti, bambini, donne, uomini e vecchi e poi, perché, quando il judo divenne sport accettato da tutti in quanto sport, appunto, viaggiò per farlo conoscere come primo sport giapponese proprio per portarlo alle Olimpiadi, come a dire, se viene riconosciuto a far parte delle Olimpiadi non può essere frainteso. Jigoro Kano programmò un calendario allenamenti, l’area di combattimento, gli arbitri e i punteggi che partiva dai Kinza, tutto questo ne fa uno sport e, poi, le massime con cui Kano ha distinto il suo “sport judo”: JITA KYOEI. Questa è la massima che dice tutta la differenza tra Arte Marziale e sport; infatti “crescere insieme per progredire” si può avere solo nello sport, differentemente un’Arte Marziale non ti svelerebbe i suoi segreti perché voleva dire che si poteva perdere il combattimento, la vita. Seiryoku Zen’yo vuol dire, letteralmente, il miglior uso dell’energia e come ci si può arrivare a usare l’energia in modo appropriato? Generalmente allenandosi.

 

Per questo motivo, supplico tutti voi di integrare e abbracciare tutti questi insegnamenti e proclami, alzare la bandiera di Seiryoku-Zenyo e Jita-Kyoei, nozioni che si basano sui principi immobili della verità, e andare avanti insieme a tutto il popolo di il mondo.

* Kano Jigoro, "Perché è necessario difendere i principi di Seiryoku-Zenyo e Jita-Kyoei", Sakko Vol. 4, n. 12, 1925.

 

 

Ora, ma non proprio ora (gennaio 2015), c’è un libro scritto a tre mani da Nicola Tempesta, Ferdinando Tavolucci e Giuseppe Tiburzio che parla del “Falso mito della tradizione marziale nell’evoluzione del judo”. Proprio a Giuseppe Tiburzio si deve questa ricerca certosina dei documenti relativi al judo, dalla nascita ai giorni nostri; è proprio grazie a questi documenti che si svela il segreto dell’arte marziale che così non era in Giappone sin dalla nascita.

Corredo questo mio articolo con un documento ufficiale che il Ministero della Pubblica Istruzione di Tokyo invia al Generale Douglas MacArthur in qualità di Comandante in Capo dell’Esercito di occupazione.

Se vorrete vedere l’intero paragrafo al quale, questo documento fa riferimento, basta che "spulciate" sulle pagine della rivista Judo Italiano per avere un quadro completo della situazione in quel momento storico. 

IL DOCUMENTO documento-storico

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