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Il Pioniere del Judo
Articolo 112

Il Pioniere del Judo


01/09/2018


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strong>C’era quando, noi del judo, facemmo parte della prima fe-derazione. C’era quando si cambiò nome alla federazione chiamandola FILPJK. C’era quando la federazione si chia-mò FIJLKAM. Il Pioniere del judo per eccellenza: Maestro Silvano Addamiani

Ho intervistato, per un mio “pallino” verso la sto-ria dei nostri “antenati”, Silvano Addamiani. Molti antenati li intervisterò proprio per avere un quadro completo, per capire da dove veniamo e perché. Silvano Addamiani è stato il primo per ragioni logistiche e perché, penso, che ne sappia più lui di Federazione agli albori di quelli che intervisterò.
Addamiani non è stato solo un judoka di grandi livelli ma è stato anche il Direttore Tecnico delle Nazionali Cadetti, Speranze, Junior e Senior maschile e femminile; è stato un amico personale e il braccio destro di Augusto Ceracchini con il quale ha condiviso molteplici battaglie non ultima quella del riconoscimento degli in-segnanti tecnici da parte dello Stato; per diletto è stato un politico del judo sotto l’era del Presidente Pellicone e lo è tuttora. Quando ci par-lo di persona o per telefono traspare in lui un sentimento di amore per il judo che, solitamente, ci trasporta quando si è giovani, si hanno belle speranze e si ha voglia di cambiare ciò che si conosce per migliorarlo.
Quando ci parlo vedo l’entusiasmo nei suoi occhi e la speranza che si può fare meglio, che si possono cambia-re le cose per lasciare, a quelli che verranno, un judo migliore. Si può fare e ti coinvolge a farlo infondendoti la speranza che anche tu sia un elemento di cambiamento. Una persona di grande cultura che prende d’esempio tutte le cose della vita per farti meglio comprendere il suo punto di vista facendoti capire che una vita dedicata al judo è una vita di judo, non c’è differenza tra indossare il judogi o indossare un completo. Non l’ho mai sentito parlar male degli altri, specialmente nel judo; nelle nostre chiacchierate ha avuto sempre una parola gentile per tutti perché: “Chi fa judo, ad ogni livello, lavora per il judo e noi abbiamo bisogno di persone che parlano di noi”.
Mi parla degli inizi della nostra Federazione, dove non c’era niente, dove si doveva inventare tutto ma con tutto l’entusiasmo di allora ce la fecero a dar vita al “gruppo judo” che tutti conoscevano come “lotta giapponese”. Partiva male il judo perché doveva guadagnare spazio nella FIAP dove era confluito. Ma la forza dei judoka, si sa, non ha paragoni e si fecero conoscere a suon di medaglie. In tutto questo Addamiani era uno dei protagonisti per cui ne parla con diritto ma non si fa sfuggire una nota di rammarico anzi ne parla come di una cosa fatta e, dice: “Adesso bisogna fare di più”. Lui è sempre uno che vuole migliora-re perché ha belle idee per il judo. E noi, che siamo i suoi “eredi” non possiamo permetterci di sprecare quanto lui, e quei tenaci come lui, ci hanno messo su piatto con la speranza che quel piatto noi lo avremmo, sicuramente, mi-gliorato. Invece ha visto una generazione che ha ceduto alle lusinghe dei Dan, dei titoli e delle nomine ma: “...con questo non si fa il judo”. Il Maestro è diventato un judoka disilluso anche se in lui non muore la speranza di vedere degli insegnanti validi che siano apprezzati per il loro insegnamento e non per i Dan accumulati. Dice che abbiamo perso un’occasione notevole da quando l’Accademia non c’è più perché una società che non ha istruzione è una società che non ha futuro. Il Maestro Addamiani è un saggio e la sua saggezza la deve, più che altro, alle brutte avventure che ha passato, diciamo pure le fregature che ha preso perché quelle ti segnano e ti insegnano la strada. E così, tutta la sua saggezza, sudata in una vita spesa per il judo, la trasforma in speranza per portarla a noi. Noi che dovremmo far tesoro dei suoi commenti invece che stare qui a piangerci addosso. “Leggete tutto quel che riguarda il judo. Sapete da dove veniamo? Sapete quanto sacrifici sono stati fatti per avere una federazione come quel-la di oggi? Ti faccio una domanda. Tu hai mai letto le carte federali? Già so la risposta. Allora come fai a far parte di questa Federazione? Non sai con chi ti sei messo insieme. Non lo sai gli altri soci che tipi sono, quali finalità ha la Federazione, gli scopi e come farà a raggiungerli. Non sai quali vie hanno deciso di perseguire e tu come tanti altri non contate niente, non potete far niente per dirigere le sorti di questa Federazione. È come una barca che va senza timone e tu sei costretto ad andare dove ti porta la corrente.”Ma il judo in Italia sta riacquistando fama.“
No, la fama è un’altra cosa.

Prendiamo delle medaglie perché noi italiani siamo istrionici, abbiamo qualche fuoriclasse ma non è frutto di una scuola italiana del judo. Sono campioni che si sono trovati per caso nelle palestre. Aver chiuso l’Accademia è stato un grave errore. Quella portata avanti dai Maestri Barioli, Giraldi e Tavolucci era una scuola di eccellenza a livello Europeo. Sarebbe bastato fare ancora 500 insegnanti bravi, per tutta Italia, e allora si, oggi potremmo parlare di una scuola italiana del judo. Purtroppo le cose non sono andate così...quelli bravi li tengono in panchina”. Gli chiedo se c’è una cosa in particolare che cambierebbe. Le cose le dovrebbero cambiare le coscienze delle persone. Perché vedi, quando uno è co-sciente di quello che sta vivendo e se quello che sta vivendo non gli piace, la sua coscienza lo porterà a fare un cambio di passo...se non lo fa e inutile parlare. Però c’è una cosa che cambierei volentieri, credo di non far male a nessuno se lo dico. Vorrei che tutti i judoka leggessero di più perché ad un popolo colto non lo freghi più di tanto. Credo di aver imparato la lezione ma devo metterla in pratica. Non basta aver capito, bisogna comprendere fino in fondo per poi agire. So di aver ben compreso che non c’è niente da sprecare dall’insegnamento degli antenati; dai loro impegni, in tutti i campi del judo, alle battaglie per conquistarsi un posto nella Federazione di allora.Ora è tempo di lavorare.

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